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Quando Trina Robbins racconta la sua vera storia del fumetto al femminile, non si capisce mai se, dietro quella scrittura piana ed equidistante (un po’ noiosa, insomma), si nascondano simpatie o antipatie. Sfogliando Pretty in Ink, non riesco a capire se ami Gladys Parker quanto dovrebbe. Scrive:
“Gladys Parker aggiunse una sorellina alla lista dei personaggi e la protagonista di “Flapper Fanny’s [serie che aveva ereditato da Ethel Hays] crebbe fino ad assomigliare parecchio alla sua disegnatrice, uno dei molti casi in cui una donna disegnò se stessa come eroina della sua striscia. Durante quel periodo, Parker stava disegnando una serie di pubblicità a strisce i saponi Lux. Parker aveva un secondo lavoro. Era una stilista nota e di successo, che aveva aperto il suo negozio di abiti a Tonawanda, a New York, all’età di 14 anni. Entro i primi anni 30, aveva una linea di abbigliamento con un’etichetta su cui c’era un disegno della fumettista (che sembrava proprio Flapper Fanny).”
Gladys Parker, qualche anno dopo, avrebbe fatto Mopsy. Ed era così.
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Il caso non esiste. Appoggio il libro di Trina Robbins e sollevo il successivo. E’ Dirty Drawings di Craig Yoe, raccolta di disegni sconci realizzati da disegnatori da cui non te lo saresti dovuto aspettare. A pagina 23 fa la sua compara Gladys Parker con una striscia che un po’ mi scandalizza. E’ un piacere che voglio condividere.
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La didascalia accreditata da Craig Yoe (che mi pare un tipo affidabile, se non gli vuoi chiedere consigli sulla scelta di una camicia) è:
“This should shut him up”.
Archiviato in:Anarchivio, Il Soggiorno di casa Spari Tagged: gladys parker, trina robbins Image may be NSFW.
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